lunedì 31 dicembre 2007

Il posto delle fragole



Sergio Trasatti su "Il posto delle fragole"

Fra tutti i film di Bergman "Il posto delle fragole" è il più famoso. À quello che ha dato al regista notorietà internazionale, è quello più osannato dalla critica, è quello rimasto maggiormente impresso nella memoria collettiva. Il film già nel suo apparire, nel 1958, aveva ricevuto l'Orso d'oro a Berlino e il premio della critica a Venezia.

"Il posto delle fragole" nacque in un momento di intensa attività dell'autore, specialmente sui palcoscenici teatrali. Bergman vi si dedicò con molta partecipazione, tanto che alla fine fu costretto a trascorrere alcuni mesi in clinica per un forte esaurimento nervoso.

"Il posto delle fragole" serena meditazione sulla vita e sulla morte, è una storia di conversione, perché il vecchio al termine dell'itinerario che si snoda attraverso il racconto, e alla fine dell'itinerario terreno, cambia atteggiamento nei confronti del prossimo rammaricandosi per il suo egoismo e per la sua freddezza. À un film della nostalgia per la giovinezza, l'estate che è passata e che non potrà tornare. À un film sugli affetti come valore primario della vita.

La costruzione è perfetta, l'intrecciarsi tra realtà, sogni e ricordi è dato da una sceneggiatura rimasta come un classico nella storia del cinema. Un apporto non indifferente è costituito dagli attori, a cominciare da quel Victor Sjöström, che è stato uno dei maggiori registi e attori svedesi, aveva 78 anni, la stessa età del suo personaggio (morì pochi mesi dopo l'uscita del film, il 4 gennaio 1960). Bergman volle fare un omaggio al suo maestro, e il maestro ripagò l'allievo con un'interpretazione da antologia. A differenza di molti altri film di Bergman qui tutto è lineare, nulla è oscuro. I pochi simboli sono chiarissimi, a cominciare dall'orologio senza lancette che indica la fine del tempo, e che il vecchio vede dapprima nell'incubo, poi tra gli oggetti che gli vengono mostrati dall'anziana madre. L'itinerario dal primo incubo al rassicurante sogno finale è quasi un inno alla vita e una esortazione a capirne la bellezza nel rapporto con gli altri Il comportamento giullaresco dei tre giovinastri accettati come compagni di viaggio esprime la spensieratezza di una gioventù gaia, ma tutt'altro che superficiale: tanto è vero che il tema del grottesco litigio tra i due giovanotti è l'esistenza di Dio. La risposta dell'anziano e della donna matura è in chiave poetica, allusiva, ma certamente non negativa. Qui il problema religioso è sfiorato con delicatezza, ma Bergman non rinuncia alla lezione sull'amore come momento di soluzione di ogni crisi, anche intellettuale. , dice alla nuora il professor Isak che ha dimenticato l'amore. , dice Evald alla moglie nel rifiutare l'amore che dà la vita a un nuovo essere umano.

[Da Ingmar Bergman di Sergio Trasatti "il castoro cinema" Editrice Il Castoro S.r.l.]